Tra anniversari, botti e pernacchie, su FB Telejato raggiunge 350 mila persone
Gennaio è un mese di anniversari: festeggiamenti e “giochi di fuoco” per i cent’anni di u zzu Proccopio, cioè Procopio Di Maggio, assabbenerica a vosia, ancora vivo, ma ormai destinato all’immortalità nella storia di Cosa Nostra.
La ricorrenza del terremoto del Belice, con i suoi 500 morti e molte questioni ancora oggi irrisolte, ma è anche l’anniversario della cattura di u zzu Totò “u curtu”, arrestato il 15 gennaio del 1993 e che quindi da 23 anni ci ha prematuramente lasciati e se ne sta al fresco, “come un pesce nel ghiaccio”, direbbe Cesare Pavese ma, a parte qualche malanno, anche lui sembra destinato a eguagliare il record di u zzu Proccopiu, perché, sembra strano, ma per certa gente, sembra che sia proprio vero il proverbio siciliano “l’erba tinta un mori mai”. E si tratta di gente che ormai merda era e merda rimane.
Proprio con questo epiteto Telejato, nelle sue pagine social ha ricordato questa fausta ricorrenza dell’arresto di u zzu Totò e la notizia ha raggiunto 350 mila persone, ha ricevuto più 3.700 “mi piace”, ha avuto 1624 condivisioni e 110 commenti. Cifre da capogiro: il blog di Grillo ce la può.. suc…are. Tra i vari commenti citiamo quello di un certo Christian Nostro (stesse iniziali di Cosa Nostra), che scrive: “Pino, sei un’altra vittima, fidati, sei una merda”: risulta impiegato alla Eminflex e lo invitiamo a regalare al suo padrino un materasso, perché quelli del carcere di Opera sono duri e vecchi, o di giacere lui in un materasso, per riposare per sempre.
C’è poi, un certo Salvo Leo che scrive: “Pino, spero con tutto il cuore che un giorno arrivi il tuo ultimo giorno: se hai “i cugghiuna” vaglielo a dire in faccia a u zzu Totò che è un pezzo di merda”. Risposta: “Spero che anche per te arrivi presto il tuo ultimo giorno: non posso recarmi al carcere di Opera per dire a u zzu Totò che è un pezzo di merda, perché non me lo fanno visitare”. Un tal Salvatore Petitto, che sarà un morto di fame, cioè di pitittu, scrive: “lasciate stare mio nonno, bastardi”, Simone Gentile si limita a scrivere “Viva Totò u Curtu”, mentre Giovanni Tavilla scrive che “se c’era lui avrebbe messo tutto apposto”.
Gaetano Scannapieco, (povere pecore!!!), richiamandosi alla frase che Andreotti disse a don Tano Battagghia, inteso Badalamenti, dice: “Ci vorrebbe un Pino per ogni città”. Grazie Gaetano, anzi, “Tano”: purtroppo di Pino non ce ne sono tanti, al punto che la prestigiosa rivista Reporter Senza Frontiere lo ha citato, assieme a Lirio Abbate, come uno dei giornalisti più all’avanguardia nel 2015. Si vede che non lo conoscono bene: Pino Maniaci non è un giornalista con la penna, (in siciliano “la pinna”, che significa anche “la minchia”), non ha mai scritto un articolo completo, non ha bisogno di scrivere, lui parla e quando ha un microfono davanti non ragiona più, spara minchiate, come anche dice sacrosante verità, ma è incontrollabile. Come si può rilevare dal suo profilo su Facebook ha 54 mila amici. Si vede che piace a quelli che non sanno chi è realmente. A Partinico ci sono persone che gli scaverebbero volentieri la fossa e altre che fanno girare la macchina del fango contro di lui e i suoi amici a 360 gradi. Non è facile. Non ci sono “amici degli amici”, ma di quelli se ne può fare a meno. Con tutte le sigarette che fuma e le sue vertebre incrinate forse non raggiungerà la veneranda età di u zzu Proccopio, ma intanto prepariamoci a ricordare qualche altra ricorrenza, a suon di pernacchie, perché non ci sono soldi per comprare i giochi artificiali, o, se si tratta di vittime da ricordare, senza ricorrere alle rituali parole, ma con un affetto sincero per il ricordo che hanno lasciato.