Roberto Rossi, il procuratore dalle mille sorprese

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Chi è il procuratore di Arezzo? Una domanda che potrebbe non attrarre troppa attenzione, ma che invece risulta essere fondamentale al fine di chiarire la situazione di Banca Etruria, su cui appunto quest’uomo dovrebbe indagare. Il suo nome è Roberto Rossi, e la sua storia si lega fin troppe volte con quella del padre del ministro delle Riforme, Pier Luigi Boschi.

Formatosi nelle procure di Mantova e di Perugia, Roberto Rossi si sposta presto nell’aretino.

Nel 2007 Pier Lugi Boschi in veste di presidente del C.d.A. della “Valdarno superiore società cooperativa agricola” acquista un immobile per un prezzo di 7,5 milioni di euro. Niente di strano, sembrerebbe. Se non che questo immobile verrà posseduto da una seconda società formatasi solo in seguito all’acquisto del bene, la “Fattoria di Dorna società agricola” di cui Boschi senior è azionista al 90%. Il resto delle azioni appartiene a Francesco Saporito, un imprenditore crotonese in odor di mafia secondo i rapporti della DDA di Firenze. Il bene in questione era precedentemente proprietà dell’università di Firenze: messo all’asta nel 2005 (con una base di partenza di 9 milioni di euro) venne dunque acquistato da Boschi senior a un prezzo inferiore a quello richiesto dall’università e, a quanto sostiene la Guardia di Finanza, a un prezzo molto inferiore rispetto a numerose offerte presentate all’istituto di istruzione fiorentino. Questo fatto fece accendere i riflettori delle “fiamme gialle” su Boschi senior e sul socio, di cui la GdF evidenziò l’esiguo reddito a fronte di spese faraoniche.

Il 2013, l’anno delle archiviazioni e dell’ascesa politica di Maria Elena Boschi e di Roberto Rossi

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Pier Luigi Boschi, la figlia Maria Elena e il premier Renzi, Roberto Rossi

Il 4 febbraio del 2013, il procuratore Roberto Rossi chiede l’archiviazione del caso di turbativa d’asta a carico di Boschi, Saporito e altri indagati. Lo stesso giorno Boschi viene iscritto al registro degli indagati dal magistrato per estorsione, poiché secondo la parte offesa di questo processo Boschi avrebbe chiesto un pagamento di 250mila euro in nero per la vendita di un podere della “Fattoria di Dorna”. Nello stesso mese si svolgono le elezioni politiche che vedono, seppur stentatamente, primeggiare la coalizione del PD: da qui comincia l’ascesa politica nazionale di Maria Elena Boschi, che nel giro di un anno diventerà ministro. Nel luglio del 2013 Roberto Rossi diventa consulente di governo, ruolo che ricoprirà sia con il governo Letta che con quello Renzi. Il 7 novembre, in seguito ad un convegno organizzato dalla procura di Arezzo cui partecipano tutti i protagonisti della nostra storia eccezion fatta per Saporito, il procuratore Roberto Rossi chiede l’archiviazione del caso di estorsione a carico di Boschi senior. Richiesta accolta, ma tutto ciò lascia qualche dubbio in sospeso. Se quel pagamento non è stato un’estorsione, perché il Boschi non è stato indagato per evasione? Se il pagamento in nero non fosse esistito, perché non si è agito contro quel testimone che ha dichiarato di aver consegnato la tangente nelle mani di Boschi? Perché non l’ha fatto Boschi stesso, che sarebbe diventato parte lesa di questa enigmatica storia?

Banca Etruria: di nuovo Rossi e Pier Luigi Boschi

Anche sul caso di Banca Etruria sembrava essere destinato ad indagare Rossi, fin quando la I Commissione del CSM non ha avviato un processo amministrativo nei confronti proprio del procuratore, per via di un conflitto di interessi (ricordiamo: Rossi era consulente del governo fino a fine dicembre 2015, doveva indagare circa una questione su cui è stato fatto un attacco politico allo stesso governo di cui egli era consulente). La questione stava per essere archiviata fino a quando Rossi non ha inviato, in seguito ad un’inchiesta del settimanale Panorama, una lettera in cui smentiva quanto detto nella precedente fase istruttoria, in cui aveva sostenuto di “non conoscere nessuno della famiglia Boschi”. Ora il Csm ha riaperto la fase istruttoria, viste le omissioni del procuratore. Staremo a vedere il proseguimento di questa vicenda, dal sapore prettamente gattopardiano.

Sergio Inferrera

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