Monreale, senza luce gli inquilini affittuari di un bene sequestrato, nonostante i pagamenti

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Avevano pagato le bollette al delegato giudiziario, che si è “dimenticato” di andarle a pagare all’Enel.

Ormai da alcuni anni questa emittente si occupa della cattiva gestione dei beni sequestrati e confiscati a soggetti in odore di mafia, vero o presunto, da parte degli amministratori giudiziari. Interi imperi economici sono stati portati a zero e prosciugati solo per “sistemare” collaboratori, consulenti, delegati, periti, amici, parenti e parassiti vari che, non capendo e non sapendo niente di commercio e di principi elementari di economia, si sono limitati ad incassare impressionanti cifre mensili e a privare del loro lavoro chi da anni prestava servizio. Gran parte di questi lavoratori oggi disoccupati, sono stati privati anche del TFR, cioè aspettano che lo stato, che si è sostituito ai precedenti legittimi proprietari, dia loro quello che legittimamente spetta, dopo che essi hanno regolarmente pagato i contributi pensionistici. Ogni volta che queste persone vengono a raccontare presso i nostri studi le loro tragiche storie non si può fare a meno di avvertire sdegno per come sono state ridotte, con le loro famiglie, e pietà e tristezza per le loro condizioni di vita.

Non va meglio neanche per quelli che hanno in qualche modo a che fare con questi presunti rappresentanti dello stato, fornitori, utenti e inquilini. Oggi riceviamo e diamo notizia di una lettera relativa a un gruppo di inquilini affittuari dei locali Beton nord-sud, un residence che si trova in via Aldo Moro 49/a, a Monreale e che appartiene ai beni sequestrati a Calcedonio Di Giovanni, un imprenditore monrealese di cui ci siamo diverse volte occupati e che da anni lotta per avere riconosciuta la sua estraneità con i sodalizi mafiosi, con i quali è stato sospettato di fare affari. Di Giovanni è anche il proprietario del villaggio Kartibubbo, di cui ci siamo in altre occasioni occupati. A Monreale gli è stato sequestrato questo residence da lui costruito e un altro in Fondo Cangemi, Al Giardino, intestato a una sua società oggi dismessa, La Mantide. Questo fondo è occupato abusivamente da alcune famiglie alle quali è stato dato lo sfratto da alcuni mesi, mentre il Residence Beton nord-sud, dove abitano le famiglie che ci scrivono, composto da piccoli locali seminterrati, non abitabili, da garage e locali di sgombero, è stato dato in affitto e vi hanno trovato momentaneamente abitazione decine di famiglie con bambini, persone invalide e anziani. Cos’è successo? L’amministratore giudiziario dei beni di Di Giovanni, Luigi Miserendino, forse oberato da troppo lavoro, ha dato incarico a un delegato giudiziario, Giacomo Amato, di occuparsi di questo stabile. Costui ha pensato bene di affittare i locali e di fornirli di luce propria, intestando a suo nome un contatore e incassando regolarmente le ricevute di pagamento della luce che ogni affittuario gli ha versato, intestandole a nome dell’Amministrazione giudiziaria Beton sud, e pagando solo circa trenta euro al mese per l’allaccio. Si sono così accumulate le bollette inevase, sino a raggiungere la bella somma di 8 mila euro, che il delegato giudiziario non ha pagato.

Conclusione: l’Enel ha diminuito, portandola al minimo la potenza dei watt e lasciando tutti al buio. E siamo alle solite: secondo le valutazioni di alcuni inquilini, che riportiamo con il  beneficio dell’inventario, le cifre che il commercialista curatore sig. Amato e il liquidatore sig. Curti Giardina incassano per pagare le proprie prestazioni, ivi comprese le somme per le locazioni e quelle per la luce, il tutto in nome dello stato, si aggirano a 8 mila euro al mese. Non ci vuole molto per risolvere il problema: basta che per un mese il delegato rinunci al suo onorario per un mese e vada a pagare le bollette inevase. Oppure, visto che agisce in nome dello stato, basta che l’amministratore giudiziario Miserendino vada a chiedere al dott. Montalbano i soldi per il ripristino della potenza della luce. Basta, e dovrebbe davvero essere usata la parola basta, perché non è possibile continuare a succhiare dalla “minnedda”. A un certo punto il latte finisce e a pagare non è quello che l’ha succhiato, come dovrebbe essere se ci fosse una legge che obbliga gli amministratori a risarcire di tasca propria per i danni che hanno procurato, ma quelli che di questo latte hanno dimenticato persino il sapore, cioè i comuni mortali, cioè le vittime di una legalità diventata perversa.


Rettifica di Francesco Curti Gialdino

Gentilissimo Dr. Vitale, vorrei fare una precisazione al Suo articolo. Io sono il Dr. Francesco Curti Gialdino ma non faccio parte dell’amministrazione giudiziaria nominata il 27/10/2014 dal Tribunale di Trapani. Io sono l’ex liquidatore della Beton Sud e sono stato estromesso come tutti i liquidatori e amministratori delle società facente gruppo del Dr. Calcedonio Di Giovanni sin dalla suindicata data.

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