L’Italia di oggi, nave dai nocchieri sporchi nella gran tempesta squallida senza dignità

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Dante Alighieri e la Divina Commedia e la selva oscura (mafiosa, criminale) dell’Italia di oggi.

«Nel mezzo del cammin di nostra vita mi smarrii per una selva oscura». Tutti conosciamo le prime parole della Divina Commedia, non c’è italiano che non si sia imbattuto nel più celebre poema della letteratura italiana almeno durante gli anni scolastici. L’importanza di Dante per la lingua e la cultura italiana ha portato alla proclamazione del Dantedì, una giornata intera dedicata al poeta e alle sue opere. Celebrata il 25 marzo ma, anche quest’anno, iniziative ed eventi sono ancora in pieno svolgimento.

Secondo alcuni studiosi il sommo poeta si perse nella «selva oscura» tra il 24 e il 25 marzo, la giornata del Dantedì. Altri invece individuano nella notte di Venerdì Santo la data in cui s’avvia il viaggio dantesco raccontato nella Divina Commedia. Un venerdì santo che nel 1300, anno in cui si svolge, cadde pochi giorni dopo la data di quest’anno. L’anniversario, per la precisione, cadrebbe nella notte tra il 7 e l’8 aprile, tra pochi giorni. Numerose sono state nei secoli, e anche in questi ultimi anni, le riflessioni sull’importanza e l’attualità di tante figure narrate nel poema, dell’assonanza tra i protagonisti dell’epoca e quelli di oggi.

Serva, «nave senza nocchiere in gran tempesta» Dante definì l’Italia del suo tempo nel VI canto del Purgatorio della Divina Commedia. Avvio di un’invettiva che può, e anzi dovrebbe far riflettere, anche nei nostri tempi ponendo l’attenzione su piaghe e bubboni della società italiana. Viviamo tempi in cui la tracotanza, l’arroganza, la propaganda piegata agli interessi più sporchi e criminali spadroneggiano e appaiono egemoni. In una società dove chi si dona agli altri, chi denuncia le mafie e il paese sporco (riprendendo Pasolini), chi non si lascia guidare dagli interessi dei colletti bianchi, delle squallide consorterie, delle violenze criminali e squadriste viene perseguitato, messo all’angolo, si tenta di censurarlo e tappargli la bocca, messo all’indice da una Inquisizione vigliacca e – appunto – serva. Non di alti ideali e dell’interesse pubblico ma delle pozze più putride di questo Paese. Il Paese delle trattative Stato-mafia e degli interessi convergenti, delle trame e delle peggiori eversioni. In cui la verità viene quotidianamente oltraggiata dai cicisbei del padrone, dal ventre molle di chi tace, china la testa e rimane in silenzio e da chi segue i pifferai e le menzogne di criminali incalliti, di mafiosi, clientele e interessi sporchi. Ripetete una menzogna centinaia, migliaia di volte e verrà considerata la verità l’ammonimento durante il processo di Norimberga.

I tempi attuali ne sono la plastica dimostrazione. Appare spesso senza nocchiero, sbandata e senza prospettive, la nave italiana. L’incapacità, la totale assenza di politica, di tutela dell’interesse pubblico, della salute, della sicurezza, dei territori sono il frutto di yesmen di altri e tutt’altro che alti interessi. Basta vedere chi c’è dietro certe campagne mediatiche e politiche a favore di grandi opere, cementificazione, industrie inquinanti, fonti energetiche fossili, della distruzione di ogni legge a tutela di salute, ambiente, dissesto idrogeologico o altro in nome di supposte «libertà di impresa», «sburocratizzazione» e amenità simili.

In questi ultimi giorni è partita l’ennesima campagna denigratoria, offensiva e persecutoria contro Nicola Gratteri. Ancora una volta animata da menzogne, falsità e odio. In cui abbiamo un personaggio che è arrivato ad offendere ripetutamente, sulla stampa nazionale, in maniera pesante, arrogante e tracotante. Un atteggiamento da bullo mafiosetto forte, in realtà, dei salotti buoni e di certi potenti che lo coprono e ne muovono i fili. La biografia del soggetto in questione parla da sola: dalla sinistra comunista alla CIA per poi passare a tutti i potenti di governo degli ultimi decenni. Una campagna partita ancora una volta dal megafono di politici e imprenditori in odor di mafia, massoneria e collettame bianco vario. Già autore l’anno scorso di una menzogna colossale contro lo stesso Gratteri che, in un Paese normale, avrebbe come minimo portato alla sua scomparsa mediatica e pubblica.

Contro magistrati come Gratteri e Di Matteo viviamo in questi anni la ripetizione dello stesso copione di decenni, del Potere che cerca di isolare e delegittimare chi denuncia e combatte con la schiena dritta mafie e sistemi criminali vari. Dal pool antimafia di Caponnetto, Falcone e Borsellino ai magistrati che hanno indagato e portato a processo la trattativa Stato-mafia del 1992. Antonio Ingroia non è più magistrato da quasi dieci anni ma la persecuzione mediatica e politica, l’odio e il disprezzo di questi signorotti sono sempre gli stessi. La Trattativa 1992-1993 che si intreccia con altre vicende senza giustizia e verità «ufficiali», in cui i fatti, gli assassini e i moventi sono pressoché chiari per tutti tranne che per le «istituzioni» italiane. Il pensiero doverosamente corre all’agenda rossa di Paolo Borsellino, ad Attilio Manca e a Luigi Ilardo, alla lotta che i loro familiari stanno portando avanti con coraggio, tenacia, umanità, sete di giustizia.

Una lotta che condividiamo, facciamo nostra, a cui abbiamo dato spazio (in fondo a quest’articolo riproponiamo i link a tutti gli articoli pubblicati sull’agenda rossa e sugli omicidi Manca e Ilardo) e continueremo a farlo sempre, ogni volta che potremo. Senza mai arrenderci ai nocchieri occulti e sporchi della nave in gran tempesta. Battendo e ribattendo sempre sullo stesso chiodo, finché la «casa» della menzogna e delle squallide consorterie non crollerà. Perché, citando sempre Pasolini, «non potranno mentire in eterno» e deve arrivare il giorno in cui «il loro castello di ricatti, di violenze, di menzogne crollerà».

Pubblicato su wordnews.it

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