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L’ex giudice Saguto condannata a 8 anni e 6 mesi di carcere

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La sentenza dei giudici di Caltanissetta dopo una lunga camera di consiglio

Otto anni e sei mesi di carcere. È questa la condanna che il tribunale di Caltanissetta ha deciso di infliggere a Silvana Saguto, l’ex presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, accusata di aver gestito in modo clientelare, in cambio di denaro e favori, le nomine degli amministratori giudiziari dei beni sequestrati.

Il caso Saguto, venuto alla luce dopo l’inchiesta di Telejato “La mafia dell’antimafia”, è scoppiato cinque anni fa con le indagini della procura di Caltanissetta, sfociate poi in un processo che va avanti da tre anni. Dopo centinaia di udienze e altrettanti testimoni, oggi i giudici hanno raccolto le ultime repliche e dopo una lunga camera di consiglio hanno emesso la sentenza. Su Silvana Saguto, che il Csm aveva già radiato dalla magistratura, pendevano oltre 70 capi di imputazione. “Rivendichiamo con orgoglio – si legge in un editoriale di Salvo Vitale, collaboratore di Telejato – di avere scoperchiato questo pentolone al quale si abbuffavano senza ritegno giudici, avvocati, cancellieri, amministratori giudiziari, periti, collaboratori, parenti, amici vari, docenti universitari, commercialisti, prefetti, generali e militari vari, e un indistinto altro numero di persone sempre attente a dividersi briciole e piatti succulenti di imprenditori ai quali si faceva presto ad affibbiare l’etichetta di mafiosi per procedere al sequestro dei loro beni”. Non sempre, difatti, come Telejato ha ampiamente documentato, i patrimoni sequestrati appartenevano a mafiosi: in molti casi gli imprenditori colpiti dai provvedimenti delle misure di prevenzione erano incensurati e bastava anche solo il sospetto che fossero stati favoriti in qualche modo dalla mafia per far scattare i sigilli. Oltre alla signora Saguto, il tribunale ha condannato anche gli altri membri di quello che i giornalisti di Telejato hanno chiamato, sin dagli inizi, il “cerchio magico” dell’ex giudice, ovvero quel “sistema perverso e tentacolare” descritto nei minimi particolari dai pm Bonaccorso e Pasciuti nel corso della loro requisitoria. L’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, il “re degli amministratori giudiziari”, è stato condannato a sette anni e sei mesi di carcere. Sei anni e dieci mesi per il docente dell’università Kore di Enna, Carmelo Provenzano; sei anni e due mesi per l’ingegner Lorenzo Caramma, marito della Saguto; sei anni e due mesi anche per Roberto Nicola Santangelo, amministratore giudiziario; un anno e dieci mesi per l’avvocato ed ex amministratore giudiziario Walter Virga; sei mesi per Emanuele Caramma, figlio della Saguto; due anni e otto mesi per Roberto Di Maria, preside della facoltà di Giurisprudenza di Enna; quattro anni e due mesi per Maria Ingrao, moglie di Provenzano; quattro anni e due mesi per Calogera Manta, cognata di Provenzano; quattro anni per il colonnello della Dia Rosolino Nasca e ancora tre anni per l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo. Mentre sono stati assolti il padre dell’ex giudice Vittorio Saguto, Aulo Gabriele Gigante e Lorenzo Chiaramonte.

Per Silvana Saguto i pm avevano chiesto 15 anni e quattro mesi. “Giustizia è fatta”, scrive Pino Maniaci sulla sua pagina Facebook, ricordando come tutto sia partito dalle denunce di Telejato. Era il 2013 quando la piccola emittente televisiva, che ha sede a Partinico, cominciò a denunciare con testimonianze e documenti quanto accadeva dietro le quinte delle misure di prevenzione. “Abbiamo pagato lo scotto del nostro coraggio con denunce e condanne per diffamazione – si legge ancora nell’editoriale di Salvo Vitale – per non parlare del caso Maniaci, scientificamente montato ad arte, dai colleghi della Saguto, per chiudere la bocca al giornalista e ai suoi collaboratori e per infangarne l’immagine con una serie di illazioni e diffusione di notizie sulla cui attendibilità e sulla cui reità si aspetta ancora la sentenza che dovrebbe anch’essa arrivare entro l’anno”.

Pubblicato su isiciliani.it

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Danilo Daquino

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