La pace, il comunismo e Peppino

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Ha suscitato un qualche scalpore il post da me pubblicato su Facebook il 12 dicembre in cui scrivevo un pensiero di Peppino Impastato e una scritta murale in cui la parola “comunismo” era stata sostituita dalla parola pace. È il caso di ribadire questa bellissima e densa frase di Peppino: “Il comunismo non è oggetto di libera scelta individuale né vocazione artistica. È una necessità materiale e psicologica”. Che il comunismo sia stato sostituito con “la pace” ci può anche stare: la pace è un valore universale e può essere una necessità materiale e psicologica. Ma il comunismo è un’altra cosa; per chi ne conosce il significato integrale è un anelito di libertà, di amore e di uguaglianza sociale ed economica, dove tutti si riconoscono membri di una comunità universale senza livelli di sorta. La grande sensibilità di Peppino lo porta a considerare il senso del comunismo non come scelta di principio, come adesione, ma come modo di essere, insito nel principio marxista secondo cui la felicità sta nella capacità di percepire ogni cosa come facente parte di noi stessi, proprietà al contempo di tutti e di nessuno. Da altro punto di vista è il sogno del primo cristianesimo e il progetto di realizzare una coinè universale, e coinè è comunità come comunismo, e come comunione, hanno una radice “comune”. Solo che per i cristiani questo “progetto” si realizza in un mondo ultraterreno, dopo la morte, mentre per i comunisti l’obiettivo è quello di realizzarlo sulla terra e nel corso della vita. Nel nostro caso non è corretto cambiare il soggetto, “comunismo” che è il punto centrale di riferimento, con la pace e lasciarci sotto il nome di Peppino Impastato. Sarebbe come dire, nella preghiera che Cristo insegna ai discepoli, non “Padre nostro”, ma “Nonno nostro”, “Fratello nostro, cugino nostro” ecc.. Non credo che Peppino si offenderebbe se gli proponessero una momentanea sostituzione del soggetto: forse ci farebbe un compiaciuto sorriso. Va anche notato, per essere precisi, che è stata cambiata anche la parola “scelta individuale” con “scelta intellettuale”: forse chi ha operato la sostituzione pensava che il comunismo fosse una scelta intellettuale e non individuale e ha cambiato la parola. Sulla pelle di Peppino, diciamo meglio in suo nome ne sono state dette e fatte di tutti i colori, nel tentativo di farne “un uomo per tutte le stagioni”, uno la cui memoria si dice che appartiene a tutti: persino quelli di Forza nuova alzano il braccio gridando “Onore a Peppino Impastato”, il quale dignitosamente risponde: “No, grazie 800A°. Un episodio simile è successo nel 2002 a Partinico: lo racconto, assieme a tanti altri, nel mio libro “Era di Passaggio”: Il Liceo Classico di Partinico è la scuola frequentata da Peppino Impastato, dove egli ha cominciato a maturare la sua formazione politica e culturale, ma sino a quell’anno nulla era stato fatto per ricordarlo. Con l’intenzione di rimediare alcuni ragazzi, nel corso delle iniziative previste per la “Giornata della creatività e dell’arte”, hanno pensato di realizzare un murales affidandone la realizzazione a un giovane artista, Gianfranco Fiore, il quale ha “osato”, sullo sfondo del binario che rappresentava il luogo in cui Peppino fu ucciso, disegnare alcuni giovani con le bandiere rosse, assieme alla figura di Peppino, avvolta da una bandiera della pace. Anche stavolta quelle bandiere non hanno fatto dormire qualcuno, che di notte è andato a modificarne il colore e poi, sotto la scritta “Ribellarsi è giusto” – “Per una Sicilia senza mafia” è andato ad aggiungere una curiosa nota: “Senza colore politico però”. “Sappiamo, ha detto il giovane pittore che ha realizzato il murales, che quattro ragazzi di destra sono andati a lamentarsi dal Preside per la presenza delle bandiere rosse. Non è stato chiarito a che titolo, se con un permesso dall’alto o per spontanea iniziativa, sono state apportate le modifiche al dipinto. Di fatto viene snaturato quanto volevo rappresentare e la mia firma in quel quadro non ha più senso”. In quella occasione ho dichiarato: “La figura di Peppino, amata, esaltata e commemorata in moltissime scuole d’Italia, stenta ad essere accettata negli ambienti in cui egli visse e da quelle persone per cui sacrificò la vita. Togliere le bandiere rosse a Peppino sarebbe come togliere l’abito religioso a Padre Puglisi; presumere che ci si possa ribellare o che si possa lottare contro la mafia senza colore politico, significa giustificare un qualunquismo stellarmente lontano dalla grande tensione politica di Peppino. Insomma, un tentativo pietoso di ridurre Peppino a un santino. Anziché usare la figura di Peppino per suggerire un messaggio così distorto, è meglio cancellare tutto”. Personalmente non chiedo che la frase sulla pace sia cancellata, ne abbiamo un grande bisogno, ma che sotto di essa possa aggiungersi non la firma, ma un “liberamente tratto da una frase di Peppino Impastato”.

C’è stato qualcuno che ha messo in dubbio l’esistenza o l’attribuzione della frase: non metto in discussione l’esistenza della sua imbecillità, associata all’ignoranza, che ne è la madre. La frase è scritta in un’agendina di Peppino del 1972. Il primo ad accorgersene fu il prof. Giuseppe Casarrubea, che trascrisse tutte le frasi dell’agendina su alcuni fogli finiti poi al Centro Impastato: Nel 2002 Umberto Santino pubblicò la prima edizione del libro “Lunga è la notte”, in cui erano raccolti tutti gli scritti di Peppino e altre testimonianze di compagni, compresi gli appunti dell’agendina. Nessuno se ne accorse, malgrado il libro sia stato ripubblicato in quattro diverse edizioni. Nel 2008 ho pubblicato le poesie di Peppino in un libretto edito da Navarra, dal titolo “Amore non ne avremo”: due anni dopo l’editore mi chiese di aggiungere qualcosa e ho integrato il testo con alcune frasi dell’agenda del 1972, compresa quella sul comunismo, che ho sistemato in versi. Da allora la frase è arrivata a un pubblico più vasto. Non indicherò il posto in cui è scritta la frase, perché non ritengo che coloro che hanno lavorato per scriverla avessero particolari intenzioni negative: probabilmente la rimozione della parola “comunismo” era stata instillata nelle loro giovani menti da soggetti autenticamente responsabili di quella rimozione, dai berluscones, ai cinquestellati, al PD. E va bene, per ora lottiamo per la pace, visto che non c’è neanche quella, purché non si tratti di quella pace di cui cantava Paolo Pietrangeli nella canzone “Contessa”:

“Voi gente per bene che pace cercate
La pace per far quello che voi volete
Ma se questo è il prezzo vogliamo la guerra
Vogliamo vedervi finir sotto terra
Ma se questo è il prezzo lo abbiamo pagato
Nessuno più al mondo dev’essere sfruttato”.

Pubblicato su antimafiaduemila.com il 15 dicembre 2020

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