E venne il giorno del giudizio

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Il Comune di Partinico è in dissesto economico

L’avevamo annunciato e denunciato sin dall’inizio della campagna elettorale. Ne abbiamo illustrato i passaggi, dal predissesto, alla necessità di approvare il conto preventivo del 2018 e quello consuntivo del 2017, e non c’eravamo fatti alcuna illusione: viste le situazioni di cassa, almeno le poche che si riescono a conoscere, visti gli spezzoni di conti, poiché non ci risulta che gli impiegati responsabili si siano messi al lavoro con l’intenzione di predisporre un netto e indiscutibile quadro di tutto quello che c’è, e c’è ben poco, di tutto quello che entrerà, ed anche qua si brancola nelle ipotesi, di quello che c’è da spendere, e di quello che c’è da pagare, è inevitabile che non essendoci cifre e conti precisi, si doveva per forza arrivare al default. Si è scelto di non provarci nemmeno a salvare il salvabile con un piano di rientro. Si è scelto di mettere tutto in mano a coloro che lo stato manderà per sistemare le cose. E del resto è consequenziale: perché darsi da fare quando poi ci penserà qualcuno che sarà nominato per fare? Tra le arzigogolamenti preelettorali abbiamo ascoltato l’allora candidato De Luca affermare che egli si occupa dell’architettura contabile, ma non dei conti veri e propri, su cui, non rientrando questi tra le sue conoscenze, avrebbe incaricato un esperto, a costo zero, che ci avrebbe messo il naso e avrebbe risolto tutto. Per quanto ne sappiamo l’esperto è venuto, ha dato un’occhiata ed è scomparso, probabilmente atterrito da tutto quello che c’era sotto. Il sindaco ha tenuto per sé la delega al bilancio e adesso se la sbrigherà con i commissari inviati dallo stato, a spese del comune.

Ma analizziamo quelle che sono le conseguenze che il dissesto finanziario comporta: va precisato, che il fallimento di un ente pubblico è cosa ben diversa dal fallimento di un’impresa privata, perché l’ente non può cessare le proprie attività ma deve garantire la continuità amministrativa. E dunque cosa succede? Secondo l’articolo 244 del Testo Unico sull’ordinamento locale si ha il dissesto finanziario quando un ente non è più in grado di assolvere alle “ordinarie” funzioni ed ai servizi definiti indispensabili. Non appena il comune viene dichiarato in default, il sindaco, la giunta e il consiglio comunale restano in carica ma al loro fianco arriverà una commissione designata dal Ministero degli interni per gestire il disavanzo pregresso. Agli amministratori locali spetta invece il compito di contribuire al risanamento adottando determinati provvedimenti, a cominciare dall’approvazione di un nuovo bilancio, con l’elevazione delle tasse al livello massimo consentito per legge ed eliminando tutte quelle cause strutturali che hanno determinato il default. Le imposte comunali, come l’Imu e la Tarsu, vengono aumentate fino a raggiungere il tetto massimo consentito dalla normativa. Inoltre il comune è tenuto a contenere le spese e inevitabilmente il riferimento va agli impiegati comunali, che per legge devono essere nella misura di 1 su 93.

Gli amministratori che la Corte dei Conti avrà individuato come i responsabili, di danni cagionati con dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto, non potranno ricoprire incarichi di assessore, revisore dei conti di enti locali, né alcuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici e inoltre non saranno candidabili, per un periodo di dieci anni.

Per il momento ci fermiamo: è doveroso dire che il neo-sindaco ha ereditato questo pesante fardello dalla passata, anzi, dalle passate amministrazioni, dalle quali non è mai venuto uno stop o un momento in cui dire ai cittadini che “la pacchia era finita” e che bisognava stringere i cordoni della borsa. Mai un provvedimento che avrebbe senza dubbio limitato la popolarità dei politici in vetrina e ne avrebbe compromesso il futuro e l’immagine. E adesso finalmente si chiude una pagina su cui finisce anche la nostra voglia di fare battute o di scherzare. Si parla di un debito di circa cinque milioni di euro che magari lo stato anticiperà, ma che dovranno essere restituiti, soldo dopo soldo attraverso un piano decennale di rientro. Un piano che ha subito davanti un ostacolo serio, ma non insormontabile: il funzionamento della macchina, ovvero, un’indagine a tappeto per scoprire nomi e cognomi di quel 60% che a Partinico non paga le tasse, le evade allegramente. Bisognerà poi metter su un piano di “rispetto della legalità”, in modo che nella libera repubblica di Partinico si usino o si ripristinino tutti quei sistemi ai quali gli altri comuni ricorrono per far cassa: multe, verbali, denunce dei trasgressori, ordinanze sindacali che passino in rassegna i vari quartieri del paese e ne scoprano le magagne, accertamento dei pagamenti di tutti coloro che occupano suolo pubblico, anche con una sedia o una pianta, magari per conservarsi il parcheggio, o per delimitare l’area in cui far transitare il muletto con le merci. Insomma, se non si vuole trasformare la dichiarazione di fallimento in un ulteriore totale fallimento di tutte le attività e nell’immagine, rispetto ai comuni limitrofi, di un ghetto allo sfascio di cui vergognarsi, c’è da scegliere, prima l’autorità dell’applicazione delle leggi e dopo la tanto decantata, dal sindaco De Luca, “autorevolezza” del saperle fare applicare. A cominciare da quella che è una voragine senza fondo, ovvero la raccolta dei rifiuti.

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