E allora come sono andate veramente le cose? L’unico elemento certo è che quei due poveri cani sono stati impiccati e che c’era anche qualcuno di noi quando furono ritrovati. Abbiamo letto e riletto l’ordinanza del Gip, con cui è stato emesso il provvedimento nei confronti di Pino maniaci, assetati dalla speranza di andare fino in fondo a questa terribile vicenda anche a costo di scoprire una verità che può non piacerci, ma in quelle pagine non si fa riferimento a quanto accaduto a quei due poveri animali uccisi. Non esiste neppure, in quell’atto del tribunale che ha limitato la libertà di Maniaci, l’intercettazione che tutti i giornali hanno pubblicato dopo averla ricevuta dalle forze dell’ordine. E a questo punto sorge, allontanandoci ancora una volta dalle ricercate risposte, si aggiunge un nuovo interrogativo: Come mai? E ancora: perché alla denuncia contro ignoti, presentata dallo stesso Maniaci contro gli autori di quel terribile gesto, non sono seguite altre notizie? Quel Gino Bua di cui parla Maniaci, è stato sentito dagli inquirenti? E i rilievi operati da parte delle forze dell’ordine sul luogo in cui si è consumato questo terribile scempio che esiti hanno dato? Possibile che non c’era nemmeno un’impronta digitale su quel tubo di gomma e su quella spranga di ferro utilizzate per uccidere i due cani? Chi era presente dice che, vedendo lo stato dei luoghi all’interno del recinto dove dormivano i cani, gli assassini dovevano essere almeno due.
Ecco, dopo avere ascoltato le parole di Pino, oggi non ci accontentiamo più di supposizioni e chiediamo con tutta la forza che abbiamo dentro la verità. Una verità quella che abbiamo sempre inseguito e che oggi appare così lontana. Troppo lontana.
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