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Bologna. Pippo Civati rilancia #èPossibile: vale a dire Vorrei ma non Posso

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Parte dei dissidenti del Partito Democratico si danno appuntamento a Bologna per delineare condizione e futuro del Pd e del centrosinistra Italiano. Civati: “non mi ricandiderei in questo Pd”; ed intanto lancia il Patto Repubblicano

E’ una Bologna ancora tramortita dall’astensione elettorale, quella che accoglie il nuovo appuntamento organizzato da Pippo Civati. Il luogo è lo stesso di circa un anno fa, quando al centro del dibattito c’era la fiducia al nascente governo Renzi: “le Scuderie” di Via Zamboni, in pieno centro univesitario.

La gente accorsa, tanta, così tanta da fare descrivere la manifestazione come certamente riuscita, era variopinta e curiosa: c’erano i nostalgici, i sentimentali, i visionari, i realisti puri, i docenti e gli alunni. Insomma tra arrabbiati e cassaintegrati, vecchi e giovani, c’erano tutte le anime di quella che si chiamava sinistra, ed oggi è “l’altra Sinistra”, perché la prima è quella Renziana.

Oggi c’era la sinistra “senza camicia bianca”, parafrasando diverse battute lanciate dal palco. C’era il popolo dei sindacati, anche quelli più oscuri e sconosciuti, c’erano i non rappresentati, come le partite IVA, c’erano gli storici, gli uomini di fabbrica e tanti altri.

Dicevamo della manifestazione, riuscita nei numeri e nella logistica. Per rispondere al mistero del Patto del Nazareno, Civati lancia, con il suo staff, il Patto_Repubblicano: un programma di governo che i vecchi comunisti avrebbero difficoltà a digerire, ma nella confusione odierna sembra un testo di Stalin. A parlare e parlarne sono stati volti noti e poco noti, questi ultimi a rivendicare il peso di una realtà pesante.

Sul palco si sono alternati rappresentanti della cultura precaria, del mondo dell’università costretti ad emigrare, delle partite IVA che non evadono le tasse ma che non ce la fanno a pagarle e con esse i contributi, attivisti ambientali, rappresentanti edili. Si è visto sostanzialmente il contrario di quello che si vede alla Leopolda. Non ci sono stati imprenditori rampanti, non ci sono stati finanzieri di dubbia fiscalità, e si è potuto parlare di una società che dalla realtà va verso il futuro con un sogno, e non di un progetto da sogno che non considera il presente e mistifica il futuro. Oggi c’è stato tutto questo, con importanti appunti di personaggi illustri.

Al vetriolo ed accorato il discorso di Corradino Mineo, senatore Siciliano, di area Bersaniana, da un anno sulle posizioni, anche se non rigidamente, di Civati. Mineo mette in guardia dall’apologia dell’uomo solo al comando, tema di cui il nostro paese ha notissimi esempi tragici, e parla male, anzi in maniera perentoria della riforma Costituzionale Renzi-Berlusconi, nota alle masse come Patto del Nazareno, delineandola in quale modo quasi totalitaria, non democratica, da eliminare. Intervento di spicco anche quello del Prof. Revelli, che ha definito il Pd come un Organismo geneticamente modificato, che fa cose che piacciono ad Alfano e Berlusconi e non sono gradite a chi sta nelle fabbriche, nelle scuole, senza lavoro.
Tutto bello anche il clima di riscossa, di rilancio, si fanno i nomi di Tsipras, di Podemos, e di altre realtà europee che potrebbero essere sponde di un meccanismo di allargamento continentale dei temi della sinistra viva e vibrante.

Tutto bello, se però alla fine di ogni discorso non fosse quasi sottintesa l’ammissione di immobilismo e di sconfitta. Civati, Mineo, Pastorino, ed altri, hanno coerentemente con quanto detto votato contro il Jobs Act, la riforma del lavoro proposta dal governo Renzi, che però è passata. Civati stesso come massima ammissione e propulsione riesce a dire che se si andasse a votare a marzo non si ricandiderebbe in questo Pd, ma non lancia un progetto alternativo.

Insomma è una lotta tra i Renziani che non vogliono gente come Civati nel Pd, ma non possono cacciarli a meno di clamorosi errori da una parte o dall’altra, ed i Civatiani che non vogliono più appoggiare Renzi, ma almeno per ora evitano la scissione e di andare a formare un partitino del tutto minoritario ed influente, dimenticabile in fretta.

Inoltre dagli interventi, oltre ad ottimi spunti civici, quasi strani in questo momento di scoraggiamento, si è visto quel gusto sadico della sinistra, ovvero quella propensione a dividersi sempre e comunque. Non sono mancate infatti battute tra Partite Iva e sindacati, per lo scarso interesse che questi hanno avuto per i non rappresentati, e tra lavoratori pubblici e privati, nell’infinito tema delle tutele.

Lo sguardo adesso passa alla direzione nazionale del PD di domani, con il clima da resa dei conti, si attende la replica del presidente del Consiglio ai dissidenti.

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Redazione

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