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Dal sequestro alla confisca per i beni di Giuseppe Sammaritano, re dei detersivi

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Dal sequestro alla confisca per i beni di Giuseppe Sammaritano, re dei detersivi. Forse non è riuscito a lavare bene i soldi sporchi della mafia. Forse.

Quella di Giuseppe Sammaritano è una di quelle storie finite nel mirino delle misure di prevenzione, senza nulla di particolarmente rilevante da imputare all’imprenditore. Ha cominciato dal nulla e nello spazio di un ventennio è diventato ricco, costruendo un impero fra Palermo e Carini, nel settore della grande distribuzione, soprattutto dei detersivi all’ingrosso. Nei suoi supermercati c’erano sempre detersivi, profumi e articoli per la casa a prezzi stracciati. Nel 2012, l’impero di Sammaritano è stato sequestrato dal collegio delle Misure di prevenzione (Silvana Saguto, Fabio Licata e Lorenzo Chiaramonte) poi finito al centro dell’ultima bufera giudiziaria. L’ammontare economico del sequestro venne stimato in 210 milioni di euro. Oggi, con una velocità cui non eravamo stati abituati, scatta la confisca per sei società del Gruppo Sammaritano. Secondo il tribunale Misure di prevenzione di Palermo, oggi presieduto da Giacomo Montalbano, l’imprenditore palermitano «era disponibile a considerare ogni offerta che veniva dall’ambiente mafioso, in un’ottica di reciproca e pacifica convivenza, non avendo mai disdegnato la protezione e l’aiuto che Cosa nostra poteva offrire alla sue iniziative imprenditoriali». Le indagini del Gico del nucleo di polizia tributaria di Palermo, coordinate dal pm Pierangelo Padova, hanno evidenziato una pesante sperequazione fra i redditi leciti e i beni aziendali (nel 2001, oltre 9 miliardi di lire). Nel 2006 era stato trovato il nome di Sammaritano in uno dei pizzini nel covo di Bernardo Provenzano: il boss Salvatore Lo Piccolo chiedeva un aiuto per lavorare con «Sammaritano del Cedi Sisa di Carini». Sammartano finito sotto processo, negò di avere pagato il pizzo, è patteggio una condanna a quattro mesi, convertita in una multa da 5 mila euro, per favoreggiamento, proprio per il suo silenzio sulle richieste dei boss. Un’intercettazione lo ha poi sorpreso mentre commentava un nuovo investimento nella zona di Castelvetrano: «I reali investitori erano dei mafiosi – ipotizza il tribunale – occorrevano le dovute presentazioni e i permessi». La Castelvetrano del superlatitante Matteo Messina Denaro: uno dei soci della Sicilprodet srl di Sammaritano, Salvatore Abate, è risultato essere inquilino del cognato della primula rossa di Cosa nostra, Filippo Guttadauro. Sammartano si è avvalso della collaborazione della moglie, Maria Grazia Moschera, e dei figli Gaetana, Anna Lorena, Angelo e Claudia.

I collaboratori di giustizia hanno aiutato a ricostruire l’ascesa di Sammartano, cominciata da una vecchia faccenda di riciclaggio. E continuata con la collaborazione, o meglio con la messa a disposizione delle aziende per investire, e dunque ripulire 300 milioni delle vecchie lire. Il pentito Francesco Briguglio, ex fedelissimo del clan di San Lorenzo ha raccontato dei rapporti fra l’imprenditore e i mafiosi del mandamento di Pagliarelli ai quali avrebbe consentito di cambiare grosse somme di lire in euro. Nel corso dell’inchiesta Gotha che azzerò il mandamento retto da Nino Rotolo è emerso meglio il ruolo di Sammaritano sarebbe diventato socio in affari della mafia, persino in affari con n la cosca di Carini, come dalla documentazione sequestrata a Salvatore Lo Piccolo durante l’arresto nel covo di Giardinello. La perizia sui conti ha confermato che Sammaritano, da modesto titolare di una piccola azienda che nei primi anni 90 aveva bilanci negativi è diventato un pezzo grosso della grande distribuzione, capace di immettere nelle sue società, tra il 1995 ed il 2000, sette miliardi di lire. Troppi, rispetto ai redditi dichiarati.

La Sicilprodet è una delle società confiscate. Sigilli anche per la Fratelli Sammaritano srl, con sede nella zona industriale di Carini, commercializza prodotti di bellezza; per le società palermitane Angelo Sammaritano srl e Max Gross che vendono, all’ingrosso e al dettaglio, profumi, casalinghi e detersivi. Sigilli anche per il 50 per cento della Gs Distribuzione srl e per una sfilza di terreni a Partinico. Confiscati pure alcuni appartamenti a Palermo (nelle vie Tommaso Aversa, Niccolò Candela, Gennaro Pardo e Belgio), una villa a Trappeto, tre case a San Vito Lo Capo. Oggi questo grande patrimonio è passato sotto confisca, ma rimane sempre la perplessità su quanto legittimo sia un procedimento del genere nei confronti di una persona che penalmente, a parte la multa, risulta pulito.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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