Peppino Impastato e l’antimafia sociale

In Sicilia, degli ultimi quattro presidenti della Regione due sono stati arrestati o indagati per mafia, uno s’è fatto l’antimafia per gli affari suoi, uno – quello di ora – ha accanto personaggi a cui mafia e dintorni hanno proprio ben poco da insegnare. Tutti costoro non sono saliti al potere con un colpo di stato o una dittatura ma sono stati regolarmente eletti da buona parte del popolo siciliano.

In Sicilia, d’altra parte, sono nati i principali movimenti giovanili delle ultime generazioni. Non molto aiutati dai media, snobbati dai politici, spesso confusi, retorici e maldiretti, hanno tuttavia tenuto campo per oltre vent’anni, nel nome dell’antimafia che poi, a poco a poco, si è progressivamente trasformata in “antimafia sociale”. I giovani, infatti, hanno capito prima di tutti che la mafia non è un’escrescenza criminale ma un vero potere socio-politico, che si elimina solo trasformando profondamente la società. Questa intuizione, che è quella di Peppino Impastato e Giuseppe Fava, è oggi ben chiara in testa dell’ultimo ragazzino che viene a unirsi alla lotta.

Nella mia città – per esempio – nel giro di pochi giorni i ragazzi dell’antimafia hanno fatto un’inchiesta sui camerieri precari dei bar perbene, l’hanno diffusa sul loro giornale, hanno raccolto adesioni e consensi, e ora stanno organizzando un’assemblea di precari nella piazza della movida. E intanto stanno attenti a quando aprono la sede (per esempio il Gapa, a san Cristoforo) perché i “vi tagliamo la testa” non vanno neanche loro dimenticati.

L’antimafia oggigiorno si fa così, con allegria, saggezza e determinazione. Sono una minoranza, i ragazzi antimafia, lo sappiamo. Ma anche i garibaldini lo erano, anche i partigiani; e anche gli inventori di Linux e i primi sindacalisti e le prime del voto alle donne. Questa minoranza civile oggi sembra isolata in mezzo alla barbarie e all’egoismo, ma porta a galla pensieri, e sentimenti, profondi in ogni essere umano. Per cui tanto minoranza non è, e si svilupperà probabilmente – come spesso succede nella storia – in un senso comune di massa che, in tempi non lunghissimi, verrà accettato.

È buffo che uno come Peppino – ragazzo di paese, nel buco del culo del mondo – sia qui a fare da precursore. Ve l’immaginate un monumento di bronzo, con Peppino cupo e serissimo, al centro di qualche piazza perbene? L’idea, prima o poi, verrà pure in mente a qualche pezzo grosso (magari ex compagno) perché i pezzi grossi ragionano così. Ma voi preparatevi fin d’ora a ridergli in faccia, a difendere anche allora il Peppino vero e tutti gli altri nostri piccoli maestri.

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Riccardo Orioles

Direttore Responsabile di Telejato, è un giornalista italiano, punto di riferimento nel panorama delle firme giornalistiche in Sicilia, impegnato a contrastare la mafia e la corruzione. Alcune delle sue inchieste più notevoli riguardano i rapporti tra mafia e massoneria.

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