– Il valore dei beni sequestrati non è di 400 lilioni di euro, come sparato due anni fa, all’epoca del sequestro, né di 100 milioni di euro, come scritto in questi giorni da tutte le agenzie di stampa, compresa la nostra, ma di tre, massimo quattro milioni di euro, come sostengono i periti di Di Giovanni, o di 5/6 milioni di euro, valore commerciale stimato di ciò che è finito sotto confisca.
– Non è stato posto sotto sequestro l’intero villaggio Kartibubbo, ma 56 immobili che ne fanno parte, in gran parte monolocali appartenenti alla moglie di Di Giovanni e ai suoi parenti;
– La confisca è solo quella di primo grado, alla quale il proprietario si è già appellato, quindi ancora tutto rimane fermo e niente è diventato proprietà dello stato, come sostenuto dai giornali;
– L’amministrazione giudiziaria riguarda in particolare la gestione dei servizi condominiali, che dovrebbe essere di competenza dei 400 proprietari degli appartamenti del villaggio, e delle attrezzature turistiche, affidate alla società Kartibubbo Fulgens in Lege, creata dagli amministratori Miserendino, Paderni e dai loro delegati: si noti che il dott. Miserendino è direttore della stessa società a cui egli stesso ha affidato la gestione del villaggio.
– L’appartamento di proprietà del mafioso Mariano Agate è stato a lui venduto non da Di Giovanni, ma da un professionista di Torino, il dott. Parisi, che l’aveva in precedenza acquistato.
In una lettera firmata che abbiamo ricevuto si scrive che “per quel che riguardala gestione del villaggio posso senz’altro affermare che gli amministratori giudiziari, ancor prima della confisca, avevano già preso il possesso giuridico del villaggio, ma a livello personale e pertanto si allega la copia di una lettera inviata da un residente di Kartibubbo alla Procura di Caltanissetta, nell’agosto 2016, all’autorità anticorruzione e al ministro della giustizia Orlando”.
Non leggeremo tutto quanto è denunciato nella lettera sulla gestione del Villaggio, sulla mancata documentazione degli incassi ed altre anomalie, in attesa che la Procura di Caltanissetta o l’autorità anticorruzione, o il ministro Orlando, cui è stata inviata, possano intervenire per vederci più chiaro su un “affare” che interessa direttamente anche la Procura di Trapani. Citeremo solo la considerazione finale, da prendere sempre con le molle: “Mi chiedo se tutto ciò che le ho raccontato ha potuto stupirla e se tutto questo rientri nello spirito di una legge che tende a sequestrare beni a soggetti in odore di pericolosità sociale affidandoli poi a soggetti che probabilmente non risultano essere “soggetti pericolosi, anzi hanno ottimi curriculum professionali e godono di stima sociale, ma che, in effetti, agiscono come, e forse peggio, dei soggetti in odore di pericolosità sociale” .
Che dire? Gira la manovella, ma la musica è sempre quella.
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