La decisione della seconda sezione del Tribunale di Palermo di negare a Radio Radicale l’autorizzazione alla registrazione delle udienze di quello che per gli organi di informazione è il cosiddetto “processo Maniaci“, appare non condivisibile per una serie di aspetti. Tralasciando il carattere tecnico-giuridico del provvedimento , che in sé lascia molti dubbi anche ai profani, non si comprende come la richiesta non susciti “il consenso unanime delle parti” se il dibattimento non è ancora cominciato.
Soprattutto, poi, non si capisce come si possa sostenere che non ricorra “alcun interesse sociale particolarmente rilevante alla conoscenza” di un dibattimento in cui è imputato, fra gli altri, un giornalista ritenuto particolarmente impegnato nell’antimafia, accusato di estorsione nei confronti di amministratori pubblici, che sarebbero stati ricattati con la minaccia di pubblicare notizie e servizi televisivi sfavorevoli nei loro confronti. Negare l’importanza e la rilevanza sociale e pubblica della documentazione di un processo del genere è a nostro avviso veramente arduo: sta al tribunale, semmai, contemperare l’innegabile interesse pubblico per questa parte del giudizio con le esigenze delle altre parti e degli altri imputati che sono estranei alle contestazioni mosse a Maniaci. Quanto al collega imputato, non riteniamo che egli intenda non far conoscere ciò che avviene nel processo a suo carico: è anzi suo interesse che si sappia come sono andate veramente le cose. Invitiamo dunque il tribunale a rivalutare la questione alla prima udienza, interpellando in particolare Maniaci e stabilendo forme e misure che possano consentire, ad esempio, la registrazione delle udienze e degli atti dibattimentali che coinvolgono la posizione del giornalista pubblicista ed escludendo gli atti non inerenti questo contesto.
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