La notizia ha dell’incredibile. Protagonista, senza volerlo, il sig. Antonino Cangemi, di anni 50, abitante in via Galli, traversa della via Madonna, in carcere ai Pagliarelli, poiché il 29 maggio 2015 nei paraggi della sua abitazione, in una cisterna a sei metri sottoterra era stato scoperto a coltivare, assieme al nipote ben 250 piante di marijuana, tutte in vasi, con un impianto di illuminazione termoelettrica allacciato direttamente e abusivamente alla rete pubblica. Accanto alla serra una stanza per l’essiccazione con deumidificatori, prodotti vari e strumenti di lavorazione della droga. I parenti che stamane si sono recati al carcere per l’abituale colloquio si son sentiti dire che il giorno prima Cangemi era morto. Chiara l’indignazione, per non essere stati avvisati per tempo. Secondo quanto essi stessi hanno riferito, i responsabili del carcere hanno detto di avere telefonato, subito dopo la morte del Cangemi, ai carabinieri di Partinico, i quali avrebbero detto di essere “impegnati”. Pertanto non si sarebbero degnati di avvisare i parenti del morto. Quale fosse il tipo di impegno, così importante da non permettere di fare un gesto di pietà cristiana, non è noto.
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