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L’antimafia è morta, viva l’oltremafia

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L’antimafia è morta, viva l’oltremafia

Marco Travaglio sostiene che, non dovrebbero essere i politici a parlare dei giornalisti, ma i giornalisti a parlare dei politici, ma quando politici e giornalisti si mettono assieme e ci metti pure qualche magistrato, la frittata è fatta: sono capaci di farti credere che Cristo è un criminale, Galilei è un ignorante, Martin Luther King un terrorista, la Merkel è una spinellara e persino che Trump sia un filosofo. Queste tre categorie hanno decretato a tavolino la morte dell’antimafia, diventata scomoda, partendo dal fatto che nell’antimafia c’era qualcuno che si faceva i fatti suoi, e hanno inventato, coniato nuovo di zecca il termine “oltremafia“. Sono stati tirati in ballo ex magistrati diventati politici, come Pietro Grasso o semplici avvocati, come Ingroia, per sostenere, anche con questo nuovo termine, che ci sono i soliti “professionisti” che sostengono che bisogna andare oltre la mafia, dopo essere andati contro l’antimafia. Il che, in parole povere significa che la mafia non c’è più, perché siamo andati oltre, o che c’è ancora, ma noi la superiamo, la sorpassiamo, la cancelliamo, la ignoriamo e la lasciamo indietro come una malformazione del passato.

Non cito il giornalista che ha proposto questa amenità e che ha orientato il suo lavoro in una crociata contro la magistratura, dietro la convinzione che oggi in Italia non c’è più la tradizionale divisione dei poteri tracciata da Montesquieu, ma che il potere giudiziario prevale su quello esecutivo e sul legislativo. In parte ha ragione. Non cito nemmeno l’altro giornalista che, con un’amarezza degna di miglior causa, si è scagliato “contro l’antimafia” decretandone l’inutilità e vaneggiando sulla presunta vittoria di Matteo Messina Denaro. L’antimafia è una cosa seria: dentro ci sono scelte di coraggio, paure, sangue, morte, voglia di vita, delusioni, entusiasmi, sconfitte, vittorie, ma sempre impegno civile e scelte di vita. È vero, può esserci anche opportunismo, agevolazioni, scelta della corsia più favorevole per conseguire un obiettivo, ma sono ombre che appartengono a ogni settore delle istituzioni. Può capitare di trovare un giudice Saguto, ma non tutti i giudici sono come la Saguto. Il solito vizio di scambiare il tutto per la parte o la parte per il tutto non autorizza nessuno a fare di tutta l’erba un fascio.

Quindi, ai becchini dell’antimafia il mio messaggio è questo: mettetevi il cuore in pace, l’antimafia c’è e ci sarà fino a quando c’è e ci sarà la mafia, fino a quando c’è e ci sarà gente che non vuole saperne, che vuole sentirsi libera di costruire il proprio futuro e quello di coloro che verranno. Solo dopo potremo parlare di “oltremafia”.

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Salvo Vitale

Salvo Vitale è stato un compagno di lotte di Peppino Impastato, con il quale ha condiviso un percorso politico e di impegno sociale che ha portato entrambi ad opporsi a Cosa Nostra, nella Cinisi governata da Tano Badalamenti, il boss legato alla Cupola guidata negli anni Settanta da Stefano Bontate.

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