Sequestrati beni per un milione e mezzo a 4 boss palermitani

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La notizia è del 23 agosto: la guardia di finanza ha sequestrato beni per un valore complessivo di circa un milione e 600 mila euro sulla base di provvedimenti della sezione Misure di prevenzione del Tribunale, a seguito di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Palermo.

Primo destinatario del sequestro, Giovanni Bosco, 61 anni, ex reggente della famiglia mafiosa di Boccadifalco – Passo di Rigano ed in carcere dal 2001 per associazione a delinquere di tipo mafioso. E prima inevitabile domanda: se Bosco è in carcere da 16 anni, come mai si sta pensando adesso di porre sotto sequestro i suoi beni?.Per giustificare il sequestro sono state riprese le vecchie indagini e i contatti del secolo scorso, che avevano portato alla condanna e i contatti di Bosco con i più importanti mafiosi del 2000, come Giulio Caporrino e Andrea Luparello, del mandamento di Tommaso Natale, Cesare Lupo (reggente del mandamento di Brancaccio), Antonino Sacco (detto “Sacchiteddu”, uomo d’onore della famiglia di Ciaculli), Giuseppe Arduino (uomo d’onore del mandamento di Brancaccio), Salvatore Seidita (reggente del mandamento della Noce), Gaetano Maranzano (anche lui del clan della Noce) e Giuseppe Calascibetta (uomo d’onore della famiglia di Santa Maria di Gesù ucciso a colpi di pistola a Palermo il 19 settembre 2011).

Altri sequestrati, Giacomo Vaccaro, 62 anni, condannato in via definitiva e ritenuto vicino a Giuseppe Guttadauro, Girolamo Celesia, 49 anni, detto Jimmy, della famiglia mafiosa di Brancaccio e Pietro Mansueto, 57 anni, indicato da alcuni pentiti come prestanome dei Lo Piccolo.

Sono stati sequestrati un ampio terreno con annesso fabbricato in viale Regione Siciliana, di Pietro Mansueto, un deposito di bibite di Girolamo Celesia; un villino a Campofelice di Roccella riconducibile a Giacomo Vaccaro, e un’attività economica nel settore della ristorazione, intestata al figlio di Giovanni Bosco nella piazza di Boccadifalco”. Come fanno queste cose ad ammontare a un milione e 600 mila euro è un altro mistero che rimarrà insoluto, sino a quando i periti del tribunale non verificheranno l’effettivo valore.

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