Hotel Ponte: non era un dissequestro, ma una richiesta di dissequestro. Si va verso il dissequestro anche dei beni dei Rappa.

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Rettifichiamo una notizia di ieri che riguarda le imprese del gruppo Ponte: Non si tratta di un dissequestro, ma di una richiesta di dissequestro avanzata dal PM Ferrara, che, avendo valutato tutta la documentazione, quella prodotta dai consulenti tecnici del tribunale e della Polizia Valutaria e quella prodotta dall’azienda, ha ritenuto che non sussistevano elementi atti a giustificare il sequestro.

La decisione definitiva spetta al presidente dell’Ufficio misure di prevenzione Montalbano, ma dovrebbe trattarsi di un atto conseguente alla richiesta del P.M. Viene invece fuori , accanto all’operato opaco del giudice Saguto, quello, conseguentemente opaco, dell’amministratore giudiziario da lei nominato, Cappellano, la cui azione sembra essere stata improntata a scopi personali, avendo costui volutamente ipotizzato la presunta illecitá dell’operazione Gestione (affitto) del Garibaldi Hotel, trovandosi  in conflitto di interesse in quanto proprietario dell’Hotel palazzo Brunaccini ed essendo già amministratore della CEDAM di proprietà di Sbeglia, che a sua volta era anche tra i titolari dell’Hotel Garibaldi.

Si rettifica inoltre che  non sono stati sottratti dalla cassaforte soldi, ma azioni del sig. Salvatore Ponte di cui il valore nominale, prima della crisi in cui si è venuta a trovare l’azienda, per la cattiva gestione di  Cappellano,  era all’incirca € 2.000.000,00. Va inoltre precisato che l’accordo tra la sig.ra Giuliana Ponte, (sorella di Salvatore Ponte) e l’avv. Cappellano, finalizzato allo scopo  di distruggere i soci (tra cui il fratello), si basava su questioni personali, in quanto la stessa era stata estromessa dal fratello e dai soci in tempi non sospetti, per operazioni da lei effettuate che avevano creato danni all’azienda.

Nota: Sembra che ci si voglia muovere per una attenta revisione dell’operato della Saguto, poiché è di oggi l’altra notizia della bocciatura delle modalità con cui, con reiterati procedimenti, è stato operato il sequestro dei beni dei Rappa. La Corte di Cassazione ha riscontrato errori procedurali e ritardi nell’emissione del provvedimento. I Rappa comunque dovranno aspettare sino a marzo i risultati di una perizia che dovrà accertare se ci sia stata rispondenza tra attività lecite e capacità reddituale, ovvero se nel loro patrimonio siano confluiti capitali mafiosi.

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