ELGAS, storia di un’azienda destinata alla liquidazione: e guai se andate a Telejato

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Riportiamo alcuni passaggi delle audizioni degli ex operai della ELGAS, che nell’agosto del 2015 abbiamo avuto il piacere e l’onore di ospitare nei nostri studi.

Troviamo queste pagine nel decreto di sequestro dei beni della Saguto e dei suoi collaboratori (pag 746). La Elgas è una delle sette ditte di distribuzione di gas in Sicilia finite nel mirino della Saguto, e quindi messe in amministrazione giudiziaria, il 27 aprile 2015 nell’ambito del sequestro dei beni di Giuseppe Acanto.

Gioacchino Arduino (s.i.t. del 2 febbraio 2016):

«Il 6 agosto tutti noi dipendenti della ELGAS fummo convocati presso gli uffici dell’amministrazione giudiziaria, siti a Palermo, via Don Orione n. 19. Come ho avuto modo di riferire, già da qualche giorno noi dipendenti andavamo in azienda senza fare nulla perché erano terminate le giacenze di magazzino e non era stato ordinato altro prodotto. La convocazione fu orale a mezzo di Lo Presti, il quale ci disse che, nel pomeriggio, ci saremmo dovuti recare presso i suddetti uffici per delle comunicazioni che ci riguardavano. Tutti noi dipendenti già immaginavamo il motivo della convocazione (il licenziamento) tanto che prospettai a Lo Presti la possibilità di coinvolgere il giornalista Pino Maniaci di Telejato per fare conoscere questa assurda vicenda. Negli uffici di via Don Orione, dopo avere atteso circa 30 minuti, fummo fatti entrare in un’ampia stanza al cui interno c’erano, dietro una scrivania, l’amministratore giudiziario Santangelo, Lo Presti e da Pagano Roberto, che già era venuto qualche altra volta in azienda e che, a dire di Lo Presti, era il “braccio destro” di Santangelo (ad esempio Pagano pagava gli stipendi dei dipendenti e, quando c’erano problemi in azienda, veniva interpellato da Lo Presti). Santangelo chiese a noi dipendenti se avevamo qualcosa da ridire sull’operato dell’amministrazione giudiziaria ed io risposi che l’unica cosa che ci preoccupava era il fatto che non veniva ordinato il gas. Santangelo replicò che questo aspetto non lo interessava e che faceva riferimento alla “minaccia” di noi dipendenti di rivolgerci a Telejato. Risposi a Santangelo che non era assolutamente una minaccia ma solo un modo per fare sapere all’opinione pubblica di una problematica che metteva a rischio 9 posti di lavoro. A questo punto intervenne un uomo, che si presentò come Provenzano Carmelo, che iniziò a sbraitare sia nei miei confronti che degli altri miei colleghi che difendevano le mie tesi. Provenzano disse che lui era il “paladino della legalità” e che l’operato dell’amministrazione era corretto mentre nella ELGAS vi era un’illegalità diffusa. In merito alla possibilità di rivolgerci a Telejato, Provenzano replicò dicendo che lui avrebbe risposto con una campagna mediatica ben più importante e vasta rispetto a quella che poteva fare una piccola emittente come Telejato. Provenzano sembrava “uno stregone”: a parte l’aspetto fisico, capelli e barba lunga, continuava a gridare e ad inveire contro noi dipendenti, parlava velocemente, aveva un tono molto arrogante e continuava a dire in ELGAS era tutto irregolare così come lo era tutto il settore. Cercammo di smentire tale affermazione ma Provenzano non dava possibilità di replicare, continuava a gridare dicendo di stare zitti e che l’amministrazione giudiziaria non poteva tollerare illegalità. L’impressione di noi dipendenti fu quella che, in quella stanza, era proprio lui a rappresentare l’amministrazione giudiziaria e non certo Santangelo, il quale, dopo l’iniziale richiesta, non proferì alcuna parola. Provenzano concluse il suo discorso dicendo a noi dipendenti che eravamo tutti licenziati con effetto immediato e che il giorno dopo avremmo dovuto acquistare il giornale per leggere un articolo sull’illegalità della ELGAS. Il collega Conigliaro Roberto cercò di replicare ma Provenzano inveì anche contro di lui, dicendogli che non si doveva permettere ad interromperlo e che quando parlava lui tutti dovevano stare in silenzio. Provenzano concluse dicendo che io avrei avuto ulteriori conseguenze in quanto, menzionando l’emittente Telejato, avevo minacciato un pubblico ufficiale. In realtà, non vi furono sviluppi della vicenda dato che da quale momento in poi non vidi ne ho mai sentito telefonicamente nessun rappresentante dell’amministrazione giudiziaria. Anzi, sia io che i miei colleghi li abbiamo cercati invano per avere liquidate le nostre spettanze (TFR, ferie non godute, stipendio dei primi mesi di agosto). Aggiungo, infine, che il giorno dopo il nostro licenziamento, fu pubblicato sul Giornale di Sicilia un articolo, a firma di Leopoldo Gargano, dal titolo “Bombole pericolose: chiusa ditta sequestrata” (ali. 48 alla nota), sulla chiusura dello stabilimento della ELGAS a causa di infiltrazioni mafiose».

Andrea D’Agostino (sit del 2 febbraio 2016):

«Siamo stati convocati il 06.08.2015 alle ore 19.00 presso lo studio del dott. Santangelo, sito a Palermo in via Don Orione e sul posto siamo stati ricevuti dal dott. Santangelo, dal dott. Lo Presti e dal rag. Pagano. Appena iniziata la riunione, il dott. Santangelo ci ha detto che il dott. Lo Presti gli aveva riferito che qualche dipendente aveva detto che lui avrebbe fatto la stessa fine dell’Avv. Cappellano Seminara, in particolare additava tale affermazione al mio collega Arduino. Nel frattempo entra nella stanza un signore che non avevo mai visto e dopo essersi seduto, senza neanche presentarsi, dopo qualche minuto, si è alzato in piedi e ha iniziato a gridare nei confronti del mio collega Arduino, chiedendogli quale fine avrebbe dovuto far fare al dott. Santangelo. Il mio collega si è difeso rispondendogli che lui non aveva fatto alcuna minaccia, ma che la sua intenzione era solo quella di far conoscere all’opinione pubblica la situazione che si era venuta a creare all’interno dell’azienda dopo il sequestro. A questo punto, i toni si sono pacati e il signore che aveva gridato contro il mio collega si è presentato, dicendo che lui era il professore Provenzano Carmelo e faceva parte dello staff del dott. Santangelo. L’impressione mia e dei miei colleghi è stata che all’interno dell’amministrazione giudiziaria quello che comandasse fosse il Provenzano e non Santangelo che era il formale amministratore incaricato dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo. Quindi, il dott. Santangelo ci ha consegnato la lettera di licenziamento, con decorrenza immediata, elencando tutte le criticità che c’erano all’interno dell’azienda. Voglio precisare che, dal giorno successivo e per circa un mese, lo stabilimento è rimasto in totale stato di abbandono, infatti, si recava in azienda soltanto uno dei coadiutori dell’amministrazione giudiziaria per qualche ora al giorno. Specifico che, i coadiutori non avevano competenze tecniche (per esempio, utilizzo del sistema antincendio) e quindi quella condotta avrebbe potuto causare dei danni sia alle cose che alle persone, perché i serbatoi sono sempre sotto tensione di vapore e quindi potenzialmente pericolosi”. I lavoratori rappresentavano di essere creditori di TFR, tredicesima e ferie non pagate. Ad oggi, non mi è stato corrisposto lo stipendio del mese di agosto, per essere precisi, in quel mese abbiamo lavorato soltanto sei giorni. Inoltre, mi deve essere corrisposto il rateo della tredicesima e della quattordicesima più il TFR, oltre le ferie e i permessi non fruiti».

Francesca Di Marco (sit 2 febbraio 2016 ):

«Non mi è stata corrisposta la busta del mese di agosto, oltre i ratei della tredicesima e della quattordicesima e il TFR più le ferie e i permessi non retribuiti».

Una chiusura forzata

Ma ecco come il giudice Saguto e il dott. Santangelo hanno deciso la messa in liquidazione della ELGAS e il licenziamento degli operai: una inesistente assemblea dei soci avrebbe deliberato, secondo le accuse di Santangelo, lo scioglimento «per insussistenza di concrete possibilità di prosecuzione, tenuto conto della natura dell’attività esercitata, dell’ambiente in cui viene svolta, della capacità produttiva, del mercato di riferimento… in particolare sono emerse plurime e diffuse criticità… in ordine al rispetto delle norme di sicurezza… in quanto è messa continuamente a rischio l’incolumità degli stessi utilizzatori del GPL per l’esistenza di grandi sacche di illegalità diffuse nell’intero sistema produttivo di settore, dovuto a un sistema di commercializzazione del gas effettuato in palese violazione del D.LGS.22.2.2006: tali prassi illegali consistono nel fatto che le bombole di GPL vengono riempite e commercializzate senza che ne venga preventivamente controllata la scadenza di collaudo e senza apposizione di sigillo di garanzia. Si osservi che tutte le bombole devono essere sottoposte a collaudo decennale, ma in un paio di mesi Santangelo ha decretato che non lo erano state. Inoltre l’attività di imbottigliamento distribuzione e vendita di bombole avviene in modo clandestino in quanto non è esercitata dal soggetto proprietario delle bombole stesse o da soggetto preventivamente autorizzato dal proprietario delle bombole stesse. Non è infatti consentito il riempimento di bombole di GPL da parte di chi non sia proprietario delle bombole stesse, a meno che quest’ultimo sia stato preventivamente autorizzato dal proprietario. C’è proprio da ridere nel pensare che il proprietario delle bombole metta al suo posto qualcuno senza autorizzarlo a starci. Si continua ancora con l’accusa di appropriazione indebita di bombole altrui, perchè sembra che i dipendenti se ne vadano in giro a rubare bombole. E infine un’altra accusa, distribuzione e trasporto senza assicurazione e senza autorizzazione al trasporto. I dipendenti licenziati sostengono, per contro che l’Elgas era assicurata e autorizzata. Una volta messo su questo castello di accuse banali, Santangelo conclude che prima l’azienda funzionava perché tutto era illegale, ora, con i costi della legalità, non è più in grado di competere e quindi deve chiudere.

Nel marzo 2016 il nuovo presidente dell’Ufficio misure di prevenzione dott. Montalbano ha deciso di riconsegnare ai legittimi proprietari tutte le imprese di distribuzione gas legate alla famiglia Crocco-Di Girolamo. Le operazioni di riconsegna si dimostrano, guarda un po’, laboriose e complesse, mentre per sequestrare c’è voluto invece qualche giorno. L’amministratore Santangelo ha allungato i tempi della consegna e si è reso irreperibile, al punto che il giudice Montalbano in un certo momento gli ha revocato l’incarico e ha nominato un altro amministratore giudiziario, Giuseppe Li Greci. Ma ancora nulla è cambiato.

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