Referendum, “Sì” e “No”: non se ne può più

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Quasi quattro mesi di campagna elettorale, tra sì e no, tra riforma e controriforma, tra senato e non senato, Italicum, porcellum, mattarellum, babbarellum… Facciamo un po’ di chiarezza.

Non se ne può più: quasi quattro mesi di campagna elettorale, giorno dopo giorno, tra sì e no, tra riforma e controriforma, tra  senato e non senato, Italicum, porcellum, mattarellum, babbarellum e altre amenità che cercano di distrarre l’attenzione degli Italiani verso temi più importanti, quali la disoccupazione, il costante calo della crescita economica, l’emigrazione dei nostri 150 mila giovani alla ricerca di lavoro, l’arrivo di 170 mila disperati su gommoni e barconi, che, nel resto d’Europa nessuno vuole accogliere, siamo sull’orlo della follia. Dilagano su Facebook e in televisione insulti e parolacce da una parte e dall’altra, quasi che si stessero tutti giocando la propria identità. Tutti sono diventati politologi e tutti pretendono di sapere la verità.

In realtà pochi sanno perché si va a votare. Da una parte all’altra è un continuo ping pong, di sgambetti, colpi bassi, dalle firme false dei Cinque Stelle a Palermo, alle sparate di De Luca, che non è il sindaco di Borgetto, ma il governatore della Campania. E così c’è chi dice che con la diminuzione dei senatori si risparmiano sino a un miliardo di euro, chi dimostra, con cifre alla mano che il risparmio è di 50 milioni e che bastava tagliare gli stipendi dei parlamentari per risparmiare di più. C’è chi dice che si riducono gli spazi della democrazia, chi dice che invece la democrazia è salva, perché anche se gli elettori non votano per i senatori, hanno votato prima, quando li hanno eletti nei parlamenti regionali. L’odissea continua con l’abolizione del CNEL, che nessuno sa cos’è e a che serve, con la revisione del titolo V della Costituzione, che bisognerebbe andare a leggere, prima di votare, con tutta un’altra lunga serie di minchiate, che tutti i più esperti costituzionalisti non riescono ad accettare. E poi, è litania quotidiana, Renzi dice che la vecchia guardia vuole conservare le poltrone, la vecchia guardia che ormai è stata rottamata, dice che è Renzi e la sua corte che vogliono conservare le poltrone.

Si parla di accozzaglia di destra, che comprende i berluscones, i leghisti, i naziskin, i fratelli d’Italia l’Italia dorme, in cui si mettono dentro anche i grillini e magari i dissidenti del PD e Nuova Sinistra, per non parlare dei Partigiani, della CGIL e di gran parte dei magistrati, si fa una bella insalata per dire che questa è una nuova maggioranza che non può costituire una maggioranza e dall’altro lato si configura un’accozzaglia di centro-sinistra dove si mettono assieme Marchionne, Briatore, De Luca, Alfano, Verdini, Rossini, Bianchini, banche, padroni e schiavi, per lasciarci in una confusione totale e tale da spingersi a farci dire: andate tutti a quel paese. Alla fine è diventato, com’era all’inizio e come l’aveva impostato Renzi, un referendum su di lui, al punto che qualche intellettuale raffinato come Cacciari ha detto di votare sì perché dopo Renzi non vede nessuno che possa andare al suo posto, mentre qualche altro, come Andrea Camilleri ha detto che se vince il No il mondo non finisce. Alla fine viene una domanda: se con questa vecchia costituzione Renzi ha governato due anni, Berlusconi quasi venti, l’Italia è andata avanti nel bene e nel male, perché cambiare tutto? Che cosa dovrebbe funzionare meglio?

Lasciando tutti in questo mare di dubbi, potremmo concludere, alla siciliana, che “cu lassa la vecchia strata pi la nova sapi soccu lassa, ma nun sapi soccu trova”, ed essere additati come conservatori, se non fosse che la riforma per cui andiamo a votare è una controriforma e porta il paese molto più indietro rispetto al momento in cui è nata la costituzione. Che, si badi bene, ha sessant’anni ed è stata ritenuta già vecchia, anche se qualcuno la reputa una delle migliori del mondo, mentre la Costituzione degli stati uniti è stata scritta alla fine del 1700 ed ancora resiste. Ma quella di ritenere che le cose degli altri sono sempre migliori delle nostre è una tipica malattia italiana.

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