Ennesima strage di migranti: tanto vale sparargli

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Questi viaggi continueranno è certo, perché ci è data solo una vita, e non c’è una sola ragione buona per cui uno debba condannarsi a stare in zone di guerra o di carestia.

Avete presente quelle serate toscanello e musica ad alto volume?

Beh, forse no.

Io fortunatamente si.

E’ il prototipo di serata che mi piace di più. Quelle ore, tra note e fumo, ti fanno pensare tanto, tantissimo. Parecchie cose sono stronzate, per carità, alcune degne dei film visionari di Kubrick, altre invece sono accettabili, comprensibili ai terzi. Quelle serate, fumo, sigari e riflessioni capitano sempre quando meno te lo aspetti, quando il freddo di una panchina ti penetra la schiena, il silenzio attorno una bella canzone di Lucio Dalla ti prende alle tempie, e sogni, amaramente sogni. Ieri sera, una di quelle sere, nel fumo di un sigaro al caffè e con la canzone “Henna” a riempire la vuota Piazza Santo Stefano di Bologna, un mondo mi è passato davanti. Le parole “Adesso basta sangue” per un secondo mi hanno mostrato le onde che travolgevano centinaia di corpi, stanchi e sudati. Per una frazione millesimale di questa vita, ho immaginato cosa significhi avere delle lame d’acqua gelida, pronte li, a fare gli ultimi conti della tua vita. Occhi di poveri disgraziati, troppo esuli, troppo neri, troppo stronzi, per stare bene li dove sono nati e per stare bene qui, dove potrebbero stare meglio. Attimi di panico, spalle forti ed usurate, che avevano schivato pallottole e vento sabbioso del deserto, in balia del mare, proprio come se si fosse di colpo tornati nel medioevo, o magari durante una guerra mondiale. La piazza era vuota, una bellissima piazza, che il fumo denso ed aromatizzato trasformava in un teatro di sangue e pensieri infranti: gli ultimi saluti partiti da casa, una casa inutile, con la consapevolezza principale di rischiare di non farvi più ritorno. Ecco questo era il quadro che mi è venuto davanti. Certo la magia cupa di Lucio Dalla ha facilitato questi pensieri, delle decine di scene passatimi davanti, tutte avevano il comune senso dell’impotenza. Corpi inutili contro la cattiveria ammaestrata di un mare, mare tremendo e docile, che non ti viene a cercare a casa per farti male, ma che certamente può ucciderti quando sei aggrappato alla sola speranza. Ora, credetemi, sull’ennesima strage compiuta a sud di Lampedusa, io non voglio darvi numeri, che allo stato sono ancora incerti, anche per la stessa voce dei PM.

BODY OF DROWNED MIGRANT FLOATS IN THE SEA NEAR FUERTEVENTURA.

Sui morti non voglio farvi la morale, tra quei morti potevano esserci stupratori, assassini, pedofili, gente che guardava alla vita con violenza, poco sarebbe cambiato nella mia convinzione. Non voglio neppure prendermela con quei frustrati cronici che davanti un morto gioiscono, pensano ai soldi risparmiati, o meglio si augurano di vederne altri. Voglio lasciarvi al contrario un pensiero che mi è venuto in mente scrutando con la fantasia quei corpi riversi su un mare magico, quale il Mediterraneo sa essere. Quei visi violentati dall’acqua e dalla stanchezza, quei corpi appesantiti dal viaggio e vilipesi dalla fame, sono li, e non tutti li metteremo in un cimitero, e non possiamo ritirarli su. Che questi viaggi continueranno è certo, perché ci è data solo una vita, e non c’è una sola ragione buona per cui uno debba condannarsi a stare in zone di guerra o di carestia, sol perché in qualche balera c’è uno stupido che si sente colto e politico che va dicendo <<ognuno a casa loro>>. Ogni giorno che passa è un giorno meno, anche per chi nasce in Libia, Bangladesh, Inghilterra o Canada. Non ci sarà mai un metodo per fermare con le chiacchiere la fame e la voglia di una vita normale.

O forse c’è. Spariamogli.

Spariamo su chi viaggia sui barconi del mare, quelle carrette cariche di storia nauseante da non raccontare ai figli. Spariamo, almeno li uccidiamo consapevolmente. Gentilmente non prendetevi il lusso, davanti questa provocazione sofferta, di dire “ma non possiamo aiutarli tutti noi”, perché davanti a questa totale mancanza di umanità prima si aiuta e poi si recrimina. Se una vecchietta ci investe con la macchina e batte la testa nell’incidente, perdendo i sensi, chiedete prima gli estremi assicurativi che vi spettano, o la soccorrete? Se un giovane vi taglia la strada ubriaco e si va a schiantare contro un muro, prima lo prendete a sberle o chiamate l’ambulanza? Ecco, io prima chiamerei l’ambulanza.
Poi il fumo svanisce e mi tornano in mente giochi di parole come Mare Nostrum, Frontex, Salvini, Renzi, ma tutto ha un sapore acre. Vero è che l’Europa dovrebbe darci una mano, perché le coste non sono solamente nostre, però cari miei, se le coste non sono solamente nostre, ricordatelo anche quando vi opponete alle regole di Bruxelles sui lidi, sul turismo, sulle spiagge, sulle reti dei pescherecci. O la volete l’Unione Europea, o no.
Io spengo il sigaro, cambio canzone e mi avvio verso casa.

Ivano Asaro

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